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Martignano
notizie e altro ...

In questa pagina puoi trovare informazioni storiche e attuali su Martignano.

Perchè parliamo di Martignano
semplicemente perchè qui ci abito pressochè da quando sono nato

In questa sezione : dettagli e accenni storici 

mar era 03

Topograficamente la regione appare un saliente montano a semitronco di cono articolato su successivi terrazzi morenici che conformano un piano inclinato a terrazzamenti, fitti nella parte alta e bassa, più distesi e aperti nella mediana. A monte, i dirupi strapiombanti del M.Calisio con lembi di frana da crollo, proteggono la zona dai venti da nord. Rocciosi, poveri d'acqua, di composizione geologica sedimentaria con affioramenti di marne e di tufi vulcanici, larghi sedimenti morenici, i luoghi presentano una interessante compattezza ambientale. Osservando una carta geologica si possono meglio individuare le formazioni rocciose. Il largo altipiano che separa Martignano da Cognola presenta uno strato morenico e di coltri eluviali. In esso emergono strati di scaglia rosssa e vulcaniti terziarie come basalti, brecce basaltiche e ialoclastiti. La scaglia rossa emerge massiccia, pulita dalla coltre sedimentaria, a valle di Martignano, verso Muralta e Pietrastretta. La scaglia rossa è un caclare marnoso, sossastro, facilemte sfaldabile in sottili scglie. E' originata dai grandi sedimenti formatisi circa 65 MA. Nella zona delle Coste, già rinomata area di cave di pietra, come l'intera area a ridosso del Borgo di S.Martino, a Trento, della Cervara, di Muralta , a diretto contatto con la scaglia rossa si estendono le formazionii di rosso ammonitico e del biancone, rocce sedimentarie formatisi nella lenta sedimentazione del Cretaceo (135 MA). In quell' epoca geologica si formò così quella pietra calcarea sfrutata intensamente per la costruzione della città. Questo settore collinare è interessato da un modesto sistema idrografico rappresentato prevalentemente dal Rio Saluga, responsabile del conoide dove sorge il nucleo storico di Trento. Questo piccolo rio, dall' apparenza innocua, è stato incanalato in più punti in condotte sotterranee ed in cunettoni che ne hanno velocizzato lo scorrere. In periodi di pioggia insistente, si gonfia pericolosamente rendendolo responsabile degli allagamenti della sede stradale a Port'Aquila. Si rimpiangono allora le cosidette casse di espansione presenti nelle vallette lungo il suo percorso, come quella presso le Coste, occupate ed invase dagli insediamenti residenziali.

In questa sezione : attività e  particolari

mar era 03

«Quando ancora imperversava la guerra, nel 1945, regista Domenico Redolfi, nacque in paese la Filodrammatica ... ». È Bruno Scarpari, classe 1928, uno dei quattro famosi fratelli a parlarcene. «Si recitava in un portico sopra due carri e spes­so, durante le recite, suonava l'allarme e scappa­vano tutti. Recitavamo (c'era anche mio fratello Giovanni che è del '25) lavori in italiano come "Il delitto di via Bertagna" di Berton o "Ci penso io" di Repossi. Finita la guerra andammo a smontare una baracca della Flak vicino al Forte e la rimon­tammo nell'orto parrocchiale per farvi teatro. Riuscivamo a stivarci sino a 120 persone. Col regista Franco Valdagni passammo al repertorio di Guido Chiesa, commediografo roveretano scomparso, recitando sia in dialetto che in lingua lavori come "Gheto en canònega", "1 fradèi Tegni Mola" e "Danza della morte". Fino al 1968 quan­do io mi trasferii a Moena per fare il postino. Ritornai in paese per continuare lo stesso mestie­re nel 1975: nel frattempo il parroco don Chemelli aveva sbaraccato la baracca assieme a tutte le attrezzature, le scene, i costumi. Con l'aiuto di Giovanni, mio fratello e di Franco Valdagni, sem­pre regista, ricominciammo da zero, ospiti del teatrino delle Missioni Africane. Fu allora che prendemmo il nome di Filodrammatica "Barac­ca", per ricordare la nostra "storica" baracca, e diventammo una compagnia amatoriale mista. Riprendemmo con grande successo"l fradèi Tegni Mola". Nel 1983 venne inaugurato il nuovo tea­tro sotto la casa parrocchiale appena edificata, che dà sulla piazza, in una sala di circa 200 posti. Mettemmo su la nuova commedia di Tullio Nicolussi "Per no misiar la raza" che presenta in scena le mitiche beghe tra "Martignani" e "Cognolòti": l'abbiamo rifatta per anni e chissà che noi vecchi filo dramma tici non la rimettiamo in scena di nuovo. Attualmente, negli ultimi anni, la "Baraca", presa in mano da giovani attori, re­cita un repertorio in italiano ... ». 

- Tratto dal libro Storie di Sobborghi di Renzo Francescotti edito nel 1993 da UCT Trento

In questa sezione : da ricordare ..

mar era 03

Protagonista del risveglio sociale di Martignano 

  • Figlio di Angelo e di Clementina Caldera 
    • Nato a Madice di Bleggio Superiore 05.08.1903 
    • Laurea in giurisprudenza all' Università Cattolica del Sacro Cuore, dove il rettore Padre Gemelli avrebbe voluto trattenerlo come collaboratore. 
    • Sottotenente di complemento d'artiglieria 
    • Ordinato a Trento il 29.06.1927 
    • Cooperatore a Tione 1927-1929 
    • Cooperatore a Malè 1929 
    • Cooperatore a Fondo 1930-1931 
    • Vicario parrocchiale a Lardaro 1931 
    • Cooperatore a Riva del Garda 1931-1932 
    • Parroco a Roncone 1932-1937 
    • Cooperatore di Cognola per Martignano 1937-1940 
    • Dal maggio 1937 residente in Martignano n. 14 
    • Vicario parrocchiale a Martignano 1940-1941 
    • Parroco a Martignano 1941-1954 
    • In pensione 1954 
    • Morto il 30.10.1955

Don Leone Serafini arrivò a Martignano nel 1937 dalla parrocchia di Roncone, dove era stato destinato nel 1932 con il compito di riordinare le entrate e l'urbario (inventario di beni e diritti) del beneficio parrocchiale, minacciati nella loro integrità da approfittatori. Un servizio non facile, anzi, un incarico scomodo che nessuno voleva assumersi e che procurò a don Leone una serie di accuse da parte del movimento fascista locale. Il 23 settembre 1936, venne trasferito a Trento a svolgere le mansioni di segretario dell'ufficio amministrativo presso la diocesi. Nel giugno 1937 fu nominato anche cooperatore del parroco di Cognola per la frazione di Martignano e, nel gennaio dell'anno successivo, don Serafini prestò il giuramento che lo abilitava alle funzioni di ufficiale di Curia e di giudice in seno al tribunale diocesano, incarichi che mantenne anche negli anni successivi. In questa veste, nel luglio 1939, venne nominato dal vescovo Endrici ispettore amministrativo diocesano, incaricato della vigilanza sulla gestione del patrimonio ecclesiastico da parte dei parroci e del controllo dei registri parrocchiali, a norma del diritto canonico. Nel frattempo, il 17 aprile 1938, Martignano era diventata parrocchia, anche se solo nel luglio 1941 il "cappellano" ricevette la nomina a parroco. A motivo della nomina ufficiale, nel novembre dello stesso anno, il nuovo vescovo Carlo De Ferrari ravvisò incompatibilità tra ufficio di parroco e quello di ispettore amministrativo diocesano, che faceva di don Serafini il controllore di se stesso. La decisione mise in difficoltà il parroco, che a stretto giro di posta fece presente che, nel caso fosse stato privato dello stipendio di officiale di Curia, le entrate del beneficio parrocchiale di Martignano non sarebbero bastate per il suo sostentamento, essendo il beneficio stesso gravato di un debito di Lire 25.000, da ammortizzare in dodici anni. Di conseguenza propose di risolvere il problema di incompatibilità abbandonando la parrocchia e tenendo il solo ufficio di Curia. Al riguardo però chiese che venissero meglio precisate le sue mansioni e i suoi doveri, come pure gli venissero indicati con precisione i suoi superiori in ufficio. A quel punto il vescovo ritirò la sua obiezione. Il 4 aprile 1942, in vista della visita pastorale, il vescovo De Ferrari nominò don Serafini convisitatore "in materia finanziario-economica e per i libri parrochiali", cioè addetto all'ispezione dei registri dell'anagrafe spirituale e di quelli dei conti, e, nell'agosto 1945, venne chiamato nel Consiglio amministrativo diocesano. Due mesi dopo gli venne affidata l'amministrazione della "Casa pia Battiti" e dell'annessa azienda agricola, anche qui con il compito dichiarato di riordinare la gestione. Tutto ciò avveniva a motivo del fatto che "in materia ha fatto buona sperienza con cospicui risultati". Per questi suoi incarichi piuttosto delicati, oltre al temperamento e alla determinazione che lo caratterizzavano venne soprannominato "il carro armato". Negli anni trascorsi a Martignano don Serafini si contraddistinse per l'impegno a favore del paese e per la promozione di un vero e proprio risveglio delle attvità sociali della cominità. Fu lui a realizzare la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, a promuovere il riconoscimento civile della stessa parrocchia di Martignano, a coinvolgere i capi famiglia nel progetto per l'edificazione di una scuola materna e ad interessarsi perché fossero ampliate le scuole elementari. Tuttavia, a causa di problemi di salute, nel giugno 1954 chiese l'esenero della "cura d'anime e la collocazione in pensione per problemi cardiaci". In seguito a verifiche mediche da parte del medico provinciale, su richiesta dell'allora vicario generale Mons. Bortolini, la Curia vescovile accettò la domanda e, con il1 ottobre 1954 don Serafini cessò dalle funzioni di parroco di Martignano trasferendo, l'ultimo del mese, la sua residenza in città. Ad appena un anno di distanza, domenica 23 ottobre 1955, don Leone, tornando in auto da un funerale in val Rendena, venne colto da malore e perse il controllo del mezzo. Ricoverato all'ospedale di Tione, nei giorni seguenti sembrò migliorare, ma si aggravò inaspettatamente e si spense domenica 30 ottobre 1955. Nell'omelia del suo funerale Mons. Bortolameotti parlò della "coraggiosa tenacia nel portare a termine due imprese come la costruzione ex novo della Chiesa e dell'asilo di Martignano", che definì "frutto entrambi di ignorati personali sacrifici" e della fede che "lo confortava nell'opera pastorale e nella difesa dei diritti della Chiesa in tante zone della diocesi".

Tratto dal libro Scuola Materna "Don Leone Serafini" 
1953-2003 50 anni al servizio della comunità